Madeleine Delbrêl, nasce a Mussidan (Francia) il 24 ottobre 1904 in una famiglia cattolica poco praticante; a 15 anni è “strettamente atea”, a 17, quando tutta la famiglia si trasferisce nella periferia di Parigi, sintetizza il suo ateismo proclamando “Dio è morto…viva la morte”.
A 20 anni è folgorata da Dio grazie al confronto aperto con un gruppo di coetanei credenti, inizia il suo cammino di conversione ed è lasciandosi plasmare, trasformare dal Vangelo che trova la sua strada.
Nel 1933, pur restando laica, decide di consacrarsi al Signore e il 15 ottobre – festa di santa Teresa d’Avila – parte per Ivry-sur-Seine, all’estrema periferia di Parigi: “la città delle 300 fabbriche” luogo di tensioni, rivendicazioni salariali, lotte operaie, scontri sociali ed ideologici.
Con lei ci sono due compagne, che hanno deciso di condividere il suo stile di vita: Hèlene e Suzanne.
Madaleine sceglie un lavoro a servizio dei poveri; si diploma assistente sociale, conduce la vita ordinaria degli uomini e delle donne del quartiere guadagnandosi stima e fiducia.
Con la loro “spiritualità di strada”, Madeleine e le compagne proclamano che “la strada” è il pezzo di mondo in cui Dio le manda: la strada, il bar, l’ufficio o la fabbrica si trasformano in luoghi in cui Dio può e deve essere annunciato.
Muore il 13 ottobre 1964, mentre si sta celebrando il Concilio Vaticano II indetto da Giovanni XXIII; durante la preparazione di questo evento, Madeleine venne consultata sul tema dell’ateismo e dell’evangelizzazione del mondo lontano da Dio, che segnerà una delle aperture più significative del Concilio. Il 12 maggio 1993 è stata aperta la Causa di beatificazione.
Dai suoi scritti:
«C'è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n'è altra che egli lascia nella moltitudine, che non "ritira dal mondo". È gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un'ordinaria vita.
Gente che ha una casa ordinaria, e vestiti ordinari. È la gente della vita ordinaria. Gente che s'incontra in una qualsiasi strada. (...) Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità».
«Ogni piccola azione è un avvenimento immenso nel quale ci viene dato il paradiso, nel quale possiamo dare il paradiso. Non importa che cosa dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o una penna stilografica. Parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o battere a macchina. Tutto ciò non è che la scorza della realtà splendida, l'incontro dell'anima con Dio rinnovata ad ogni minuto, che ad ogni minuto si accresce in grazia, sempre più bella per il suo Dio. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Un'informazione? ...eccola: è Dio che viene ad amarci. È l'ora di metterci a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci. Lasciamolo fare».
«Signore, i miei occhi, le mie mani, la mia bocca sono tuoi. Questa donna così triste davanti a me: ecco la mia bocca perché tu le sorrida. Questo bambino quasi grigio, tanto è pallido: ecco i miei occhi perché tu lo guardi. Quest’uomo così stanco: ecco tutto il mio corpo perché tu gli lasci il mio posto, ed ecco la mia bocca perché tu gli dica dolcemente: “Sedetevi”. Questo ragazzo così fatuo, così sciocco, così duro, ecco il mio cuore perché tu lo ami, più di quanto non lo sia mai stato».
«Il missionario, in abito o giacca o in impermeabile, dall’alto di una scalinata del metrò, vede di gradino in gradino, nell’ora di punta, una distesa di teste, distesa che freme aspettando l’apertura dei cancelli: una distesa di baschi, berretti, cappelli, copricapo di tutti i colori. Centinaia di teste, centinaia di anime. E noi lì in alto. E, più in alto, dappertutto, Dio».
A cura di sr Raffaella Maresca, sfp
Pubblicato: 26/10/2017